Ogni giorno, in spietata concorrenza tra loro, medici ospedalieri e docenti universitari di tutta Europa sperimentano sui topi, sui ratti e sui cani decine di molecole nuove di zecca per debellare depressione, malinconia, disturbi bipolari e altre malattie o alterazioni psichiche degli esseri umani. A questo scopo il metodo più apprezzato e meno costoso (perciò molto diffuso) è il test del “nuoto forzato” o della “disperazione comportamentale”. Si fa così:
“Nel nuoto forzato un ratto o un topo viene messo in un contenitore d’acqua fredda e costretto a nuotare fino allo sfinimento per poi essere tirato brevemente fuori dall’acqua. Dopo di che si ripete la procedura fino a quando l’animale ha raggiunto lo stato di impotenza e cessa di nuotare. Viene quindi misurato il tempo che impiega fino allo stato di disperazione, che coincide con la cessazione del nuoto. Queste prove vengono eseguite una volta con e una volta senza la somministrazione di un farmaco che dà potenzialmente delle speranze. Se con il farmaco il tempo impiegato fino alla cessazione del nuoto aumenta, i ricercatori lo ritengono efficace per sensazioni quali la disperazione, spesso presente, tra le altre cose, nelle depressioni”. Ci fanno una pubblicazione e la ricerca prosegue (fonte: Andre Menache: Guarire dalla depressione grazie a topi e scimmie? Albatros, Comunità d’azione Antivivisezionisti svizzeri).
Altri esperimenti, sempre per guarire gli esseri umani dalla depressione, si svolgono sui cani. In questo campo hanno fatto scuola tre psicologi di Harvard – R. Solomon, L.Kamin e L. Wayne – diventati famosi per aver inventato uno strumento di tortura chiamato shuttlebox. Ecco come ne parla un loro collega docente di filosofia di nome Mark Rowlands nella sua autobiografia (Il lupo e il filosofo, Mondadori): “Consiste in una gabbia divisa in due scomparti da una barriera. Il pavimento di entrambi gli scomparti è costituito da una griglia elettrificata. Solomon e i suoi collaboratori mettevano un cane in uno dei due scomparti e poi gli applicavano una forte scossa elettrica alle zampe. Istintivamente, il cane saltava da uno scomparto all’altro. La procedura veniva ripetuta parecchie centinaia di volte nel corso di un esperimento tipico. Di volta in volta, però, il salto diventava più difficile, perché gli sperimentatori alzavano gradualmente la barriera. Alla fine il cane non riusciva più a saltare e si lasciava cadere sulla griglia elettrificata: un rottame ansimante, ululante e in preda agli spasmi. In una variante gli sperimentatori facevano passare la corrente nel pavimento di entrambi gli scomparti. Ovunque fosse saltato, il cane avrebbe comunque subito una scossa. Ciononostante, dato che il dolore provocato dalla scossa era intenso, il cane cercava di scappare, per quanto il tentativo fosse vano. E così saltava da una griglia elettrificata all’altra. I ricercatori, nella documentazione dell’esperimento, riferiscono che il cane emetteva ‘un acuto grido anticipatorio che si trasformava in un guaito quando atterrava sulla griglia elettrificata‘. Il risultato finale era lo stesso. Esausto, il cane giaceva sul pavimento urinando, defecando, guaendo, tremando. Dopo alcuni giorni – da dieci a dodici – di esperimenti di questo genere, l’animale smetteva di resistere alla scossa elettrica”.
Aggiunge Rowlands: “Se fossero stati scoperti a fare cose simili nell’intimità delle loro case, Solomon, Kamin e Wayne sarebbero stati incriminati, multati e probabilmente avrebbero avuto la proibizione di tenere animali da compagnia per un periodo dai cinque ai dieci anni. Ma siccome, invece, svolgevano quel lavoro in un laboratorio di Harvard, furono ricompensati con gli equivoci simboli del successo accademico: stile di vita piacevole, generoso stipendio, adorazione degli studenti e gelosia dei colleghi. Torturare cani fu ciò che fece fare carriera a tutti loro e generò un’intera dinastia di imitatori, a cominciare dal notissimo Martin Seligman”.
Vale anche per gli equivoci simboli del successo accademico dei giorni nostri. Seligman ha toccato i vertici del successo negli anni Settanta. Ma se pensate che studi come questi rappresentino l’eccezione nel panorama della ricerca biomedica, se confidate nel fatto che negli ultimi quarant’anni le cose siano anche solo vagamente migliorate, ricredetevi in fretta. Basta leggere gli ultimi due rapporti pubblicati dall’associazione britannica Animal Aid. Il primo – Vittime della solidarietà – fa il punto sui test animali per il cancro, le malattie cardiache, l’Alzheimer e il Parkinson finanziate dalle maggiori charities inglesi (sono le stranote associazioni che fanno appello al buon cuore del pubblico con giornate della bontà, vendita di fiori e piantine verdi, maratone televisive, ecc). Il secondo – Science Corrupted: the nightmare world of GM mice – passa in rassegna i più ingegnosi esperimenti con gli animali geneticamente modificati che vanno oggi di gran moda nei laboratori di tutta europa. Io non ho aggettivi per definire ciò che documentano le pagine di questi due rapporti, provateci voi.
Sia i test del nuoto forzato o disperazione comportamentale, sia le tecniche che inducono impotenza psicofisica o helplessness acquisita sono ordinatamente elencati insieme con altri orrendi esperimenti nell’allegato VIII della Direttiva 2010/63/Eu appena entrata in vigore in tutta Europa. Paul McCartney, l’ex Beatles baronetto, ora testimonial dell’associazione americana Peta, invoca i governi di tutto il mondo a entrare finalmente nel 21esimo secolo dichiarando inattendibile e crudele la sperimentazione animale. Lo chiedono, con l’Iniziativa popolare europea Stop Vivisection, anche medici, scienziati, ricercatori, animalisti, semplici amanti degli animali. Oltre 1 milione di persone hanno già sottoscritto l’Iniziativa (si avete letto bene: oltre 1 milione di persone!). Un brevissimo video clip può motivare anche voi. Ve lo consiglio perché è graziosissimo e vi rimetterà di buon umore. Provateci, poi mi dite.